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Presentazione

Io lavoro soprattutto per passione. La mia produzione è limitata, anche perché sono uno degli ultimi “flautai” rimasti a lavorare con metodi e attrezzature assolutamente artigianali. Questo non è di per sé, necessariamente, un vantaggio o una garanzia di qualità, né io sono uno spregiatore delle moderne tecnologie ma il fatto è che, se impiego quattro giorni a fare un flauto, poi sto quattro settimane a suonarlo e ritoccarlo ogni giorno, ed anche di più, finché qualcuno non me lo stacca dalle mani. Questo fa la differenza.

Avevo cominciato verso la fine degli anni Settanta, pioniere in Italia nella costruzione di flauti storici, soprattutto traversieri, trovando subito un ottimo riscontro tra dilettanti e professionisti, sia in Italia che all’estero. La mia prima realizzazione, il famoso traversiere Bressan del Victoria and Albert Museum di Londra, ebbe un lusinghiero giudizio da parte di Frans Bruggen (“oh it’s an interesting flute!”. Eravamo al corso di musica antica di Urbino e intorno a me c’erano alcuni flautisti interessati alla faccenda: da quel momento iniziò il mio successo). Lavorai per una dozzina di anni, dividendomi tra varie attività e fermandomi un paio di volte per eventi sciagurati che vorrei non ricordare più, ma riuscendo nonostante tutto a mettere in cantiere, tra realizzazioni compiute e prototipi, un numero impressionante di modelli, anche assolutamente inediti per allora, come il flauto di Assisi. Poi venne la brusca e totale interruzione che dovetti accettare per seguire con il massimo impegno una carriera universitaria che avevo già iniziato da tempo. Sono tornato alla mia passione per i flauti dopo circa venti anni, da pensionato che non si sente affatto in declino, ho rispolverato i talenti concessimi dalla natura ed ho ritrovato quasi subito la “mano”.

Rispetto a trenta anni fa è cambiato il “mercato” ma, soprattutto è cambiata la mentalità dei flautisti. Ci sono meno dilettanti ma più professionisti o studenti che intendono diventare tali e le necessità pratiche di chi suona in pubblico per professione tendono a prevalere sui primitivi ideali di purezza filologica che animavano i cultori degli strumenti antichi quando io cominciai la mia attività. Questo non è un male in sé, purché si riesca a gestire le due esigenze con equilibrio, ma è per me una sfida che affronto volentieri perché, in fondo, l’atteggiamento degli antichi artigiani era proprio questo: cercare di servire alle esigenze dei musicisti.

Vincenzo De Gregorio (marzo 2011)

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